Episodio 4: I Boiling Water Reactor (BWR)

Continuiamo con la serie più amata dagli ingegneri nucleari che seguono questa pagina. Dopo aver parlato di cose complicate come le differenze tra le diverse generazioni di reattori, la struttura e i sistemi di sicurezza dei PWR e la produzione del combustibile nucleare, oggi semplifichiamo tutto.

Perché sì, l’idea che sta alla base dei reattori ad acqua bollente (BWR) è proprio quella di realizzare degli impianti nucleari “semplici”: uso l’acqua per raffreddare il combustibile e mando il vapore che si genera direttamente in turbina. Fine. Nessun generatore di vapore e pressurizzatore, ma solo un recipiente in pressione e le pompe.

Aspetta, ma quindi l’acqua che finisce in turbina è radioattiva? E Anche la turbina è radioattiva?

Sì, ma prima di allarmarvi, partiamo dalle basi.

Ad oggi sono in funzione circa 440 reattori in tutto il mondo, di cui l’83% (367) sono composti da reattori ad acqua leggera. Di questi, la maggior parte sono ad acqua pressurizzata (PWR), mentre circa un sesto (una sessantina) sono ad acqua bollente (BWR).

Il combustibile, il ciclo termodinamico e i materiali del nocciolo sono uguali per BWR e PWR, ma a parte questo il circuito primario di un BWR è molto meno complicato. Perché?

Se ricordate, in un PWR il pressurizzatore rappresenta un grosso vaso di espansione che permette di tenere sotto controllo la pressione del circuito grazie alla presenza al suo interno di un “cuscinetto di vapore”.

Questo perché un PWR lavora con acqua solo liquida, la quale è molto poco comprimibile; pertanto, la gestione della pressione è di importanza vitale.

In un reattore ad acqua bollente invece, buona parte del circuito è piena di vapore acqueo, che è molto più “comprimibile”, e pertanto non ci possono essere aumenti rapidi di pressione, quindi il pressurizzatore non serve.

Inoltre questo dettaglio permette di gestire la pressione anche in altri modi, ad esempio variando il flusso di acqua in entrata nel reattore.

E i generatori di vapore?

Semplice, il pressure vessel è modificato in modo da far bollire l’acqua al suo interno per farla diventare vapore di alta qualità (molto secco e senza gocce di liquido in sospensione).

Certo, questo complica non di poco la sua struttura, visto che non deve solo accomodare il nocciolo, ma anche i sistemi per fare si che esca solo vapore saturo (steam separators e steam dryers), i sistemi di ricircolazione e le barre di controllo. Queste ultime devono essere inserite dal basso del vessel e non dall’alto come avveniva con i PWR; questo perché l’acqua liquida che circonda il nocciolo in un BWR sta in fondo, mentre in alto c’è solo il vapore.

Di conseguenza, in caso di incidente, le barre non possono cadere dentro al vessel grazie alla forza di gravità come avveniva nei PWR, ma vengono spinte verso l’alto da un sistema a pressione idraulica che in assenza di corrente elettrica produce automaticamente sulle barre una spinta verso l’alto.

Un BWR funziona ad una pressione nettamente minore di quella di un PWR (75 bar vs 155 bar), pertanto il pressure vessel non dovrà essere altrettanto spesso. Sarà però più grande, per poter contenere il vapore: questi due fattori tendono a compensarsi a vicenda, in termini di costo.

Un’ulteriore semplificazione è che il circuito primario è anche collegato alla turbina, come abbiamo già detto.

Già vedo molte fronti aggrottarsi, quindi sarà meglio andare al punto: sì, l’acqua (radioattiva) che passa all’interno del nocciolo, esce dall’edificio di contenimento, entra in sala turbine, dopodiché va nel condensatore e poi torna successivamente nel contenimento.

Questo rende effettivamente più concreta la possibilità di una perdita di acqua radioattiva all’esterno della centrale?

Sì, ma facciamo un passo indietro: durante il normale funzionamento, non si ha contaminazione dell’acqua di raffreddamento con materiali radioattivi e il combustibile rimane confinato dentro alle barre.

Quindi come mai l’acqua è radioattiva?

È un effetto dell’irraggiamento neutronico, che “attiva” i nuclidi presenti nell’acqua.

Sebbene vengano effettuati dei filtraggi sia fisici che con resine a scambio ionico, purtroppo nell’acqua non si trova solo ossigeno e idrogeno, ma sono presenti anche piccole quantità di azoto, argon, e sodio.

Tutti questi cinque elementi possono essere attivati e la reazione più rilevante, che provoca un’attività di 1 Curie (o 37 GBq per metro cubo), è la reazione O-16 (n,p) N-16, che decade emettendo un raggio gamma di 6 o 7 MeV.

Sembrerebbe un problema serio! Ma c’è la buona notizia: il tempo di dimezzamento di questo radionuclide è di appena 7,3 secondi! E ciò vale anche per pressoché tutti gli altri radionuclidi di attivazione che si producono in acqua in quantità rilevante (il massimo è il sodio 24 con 15 ore di emivita).

Questo comporta sì la necessità di schermare il circuito primario ALL’ESTERNO dell’edificio di contenimento (turbina, condensatore, tubature, riscaldatori, pompe) per il normale funzionamento, ma dopo aver spento il reattore sarà possibile effettuare la manutenzione ordinaria dopo appena qualche ora.

Purtroppo il costo di tali schermature tende a compensare il risparmio ottenuto dalla semplificazione del circuito primario, il che spiega come mai non ci sia una maggioranza netta di BWR nel mondo.

Per ridurre i costi, anche l’edificio di contenimento era stato progettato con l’idea di semplificare il design rispetto ad un PWR; quest’ultimo si basa unicamente su un “dry well” (pozzo secco), mentre i BWR sin dal loro primo contenimento (Mark I) hanno iniziato a inserire anche gli “wet well”, ovvero degli oggetti che hanno l’obiettivo di sopprimere la pressione che va a crearsi nel contenimento in caso di LOCA (loss of coolant accident, dove in pratica il circuito primario subisce una falla e il termovettore schizza fuori vaporizzando per la depressurizzazione).

Come funziona questo sistema?

In pratica, il vapore ad alta pressione in uscita viene convogliato in queste vasche a gorgogliare che lo raffreddano e lo condensano.

Queste vasche, che sono dei veri e propri buffer di calore (forse una “spugna” rende più l’idea), e sono provviste di sistemi di raffreddamento che garantiscono un controllo costante della pressione in caso di incidente: grazie a questo accorgimento, gli edifici di contenimento di questo tipo sono molto più piccoli delle controparti “asciutte” usate nei PWR.

Altri vantaggi di queste vasche sono il filtraggio intrinseco di radionuclidi in uscita dal vessel, e la disponibilità intrinseca di liquido da utilizzare per il sistema di raffreddamento di emergenza del nocciolo.

La forma di questi edifici di contenimento è evoluta molto nel tempo, tenendo sempre in mente l’obiettivo della semplificazione: si è passati dalla caratteristica forma toroidale del Mark I, alla forma conica e più spaziosa del Mark II, per arrivare all’attuale forma cilindrica del Mark III.

Ma non è complicato generare vapore dentro al vessel?

In effetti non è proprio la cosa più semplice del mondo, ma ne vale la pena: alcuni di voi sapranno che il calore latente dell’acqua è molto più alto di quello specifico, cioè che ci vuole molta più energia per fare evaporare una certa quantità di acqua a 100 gradi, piuttosto che scaldarla da 99 a 100 gradi. Pertanto, a parità di energia prodotta, serve molta meno acqua in un BWR rispetto ad un PWR.

Tuttavia, risulta indispensabile che ci sia un costante ricircolo nel vessel per far tornare l’acqua liquida dentro al nocciolo dopo aver separato il vapore.

Sul come effettuare questo ricircolo gli ingegneri si sono sbizzarriti negli anni (in qualche modo ci dovremo pur divertire del resto).

Ecco l’evoluzione della tecnologia dagli anni ’60 ad oggi:

  • I primi prototipi di BWR/1 (Dresden 1 e KRB, ’60 e ‘66) presentavano ancora generatori di vapore per vapore a bassa pressione esterni con pompe secondarie esterne
  • con il BWR/2 (Oyster Creek, ‘69) la generazione di vapore è tutta interna al vessel, e abbiamo ben cinque circuiti di ricircolo esterni al vessel ciascuno con una classica pompa.
  • il BWR/3 (Dresden 2, ‘71) vede una riduzione dei circuiti da cinque a due, con i primi usi delle pompe a jet interne al vessel (che creano un sottile flusso di acqua pressurizzata senza usare parti in movimento).
  • i reattori da BWR/4 a BWR/6 funzionano con lo stesso processo, progressivamente aumentando la densità di potenza del reattore.
  • Nel 1991 abbiamo il primo reattore al mondo di terza generazione, l’ABWR (advanced boiling water reactor), il quale incorpora all’interno del vessel i circuiti di ricircolo che prima erano esterni al reattore e usa le pompe centrifughe montate in basso, eliminando così il rischio di LOCA (loss of coolant accident)
  • L’ultimo modello è il SBWR (simplified Boiling water reactor), migliorato successivamente nel ESBWR (economic simplified boiling water reactor), che riesce a garantire il ricircolo senza aver bisogno di pompe ma con la semplice convezione naturale dell’acqua. Questo non solo semplifica il design, ma è un importantissimo asset di sicurezza passiva (una pompa che non esiste non può rompersi!).

Per capire un po’ meglio come sia fatto l’interno di un BWR, qui potete vedere in video un modello 3D di un pressure vessel di ABWR dove vengono spiegate piuttosto chiaramente le posizioni e le funzioni di ogni componente principale

Cosa ci aspetta nel futuro?

Almeno tre configurazioni davvero innovative:

– ABWR II (Advanced Boiling Water Reactor), by GE Hitachi.

Essenzialmente un’evoluzione del già funzionante ABWR.

Le specifiche promettono una diminuzione di 20% del costo di generazione dell’energia, del 30% del costo capitale e un tempo di costruzione sotto i 30 mesi, a fronte di un aumento della potenza elettrica netta da 1315 fino a 1640 MW ed un sistema di raffreddamento passivo.

– ESBWR (Economic Simplified Boiling Water Reactor), sempre di GE Hitachi

Anche questo è un’evoluzione, ma del SBWR, il quale purtroppo non è mai stato licenziato.

Il design di questo reattore si basa sull’applicazione più estensiva possibile della sicurezza passiva.

Il pressure vessel è stato ingrandito in modo da rendere possibile il ricircolo interno generato solo dal moto convettivo.

Quindi le pompe di ricircolo così essenziali nei reattori precedenti, difficili da riparare e mantenere, sono del tutto evitate. Non male, visto che un ABWR ne prevede ben 10!

– BWRX-300, indovinate un po’, ancora GE Hitachi…

Questo reattore SMR da 300 MWe rappresenta la miniaturizzazione dell’ESBWR.

Diminuendo la potenza e la dimensione del reattore, i sistemi di sicurezza passivi risultano ancora più efficaci, oltre ad i soliti vantaggi degli SMR, ovvero la modularità, la standardizzazione dei componenti, la produzione in serie ecc.

Questo reattore promette anche di eseguire un load following giornaliero e di teleriscaldare grazie alla ridotta dimensione della zona di evacuazione (1 km di raggio).

Il tutto è accompagnato da una bassissima frequenza di incidente severo (10-8 per anno o in altre parole una volta ogni 100 milioni di anni), e un tempo di soli 26 mesi di costruzione per il primo reattore.

Non vorreste anche voi usare un reattore ad acqua bollente come stufa per riscaldare la vostra casa?

-Leo & Fulvio

Immagine: reattore BWR di tipo Mark-3.