Episodio 1: Com’è fatto un reattore nucleare?

Questo è il primo di una lunga serie di post in cui spiegheremo come sono fatti e come funzionano i reattori nucleari. Non pretendiamo di far diventare degli ingegneri nucleari i followers di questa pagina, ma siamo convinti che praticamente chiunque possa facilmente capire i meccanismi che governano una centrale nucleare se vengono spiegati chiaramente. Questo serve soprattutto per confutare l’idea secondo la quale il nucleare sarebbe una sorta di oggetto misterioso o una strana stregoneria riservata a pochissimi addetti ai lavori. Questa idea è radicata in molte persone ed è spesso la causa della diffidenza verso questa tecnologia: l’essere umano è naturalmente portato ad avere paura di ciò che non conosce, è un meccanismo di difesa. Se però ha senso avere paura di un cobra, non ha molto senso spaventarsi per un aye-aye solo perché non lo si conosce.

Togliamoci quindi questi dubbi.

Dal prossimo post entreremo nel vivo dell’argomento, ma prima di tutto vediamo quali sono le diverse tipologie di impianti nucleari esistenti e in cosa si differenziano; esistono infatti vari modi per classificare un reattore nucleare che dipendono da:

  • Il fluido refrigerante usato (acqua, acqua pesante, sali fusi, gas o metalli liquidi)
  • il moderatore (acqua, acqua pesante o grafite)
  • lo spettro neutronico (veloce, intermedio o termico)
  • il combustibile (uranio naturale, uranio arricchito, o composti misti di Uranio e Plutonio o di Torio e Uranio)
  • l’applicazione (produzione di energia elettrica, propulsione, generazione di plutonio e trizio o ricerca)

Nonostante tutte queste varianti, la quasi totalità dei 450 reattori operativi nel mondo si divide in appena tre categorie: PWR (67%), BWR (16%) e PHWR (11%). Il restante 6% si divide in altre tre tipologie: LWGR (3%), GCR (3%) e FBR (<1%). Analizzeremo ciascuno di questi impianti nei prossimi post, quindi ora preferiamo soffermarci sul concetto di generazione.

Esistono 4 generazioni di reattori; la prima rappresenta quella dei primissimi impianti utilizzati al mondo per produrre energia elettrica che sono stati costruiti tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70. Erano reattori caratterizzati da basse potenze e vite operative relativamente corte. Stiamo parlando dell’alba del settore nucleare e quindi molti di questi impianti sono stati usati anche per iniziare a comprendere questa nuova tecnologia; ad oggi sono tutti chiusi e diversi sono già stati smantellati.

La seconda generazione riguarda il periodo ’80-’90 ed ha segnato una netta differenza con la generazione precedente; le potenze in gioco sono molto più grandi (ordine di grandezza del GW) e la vita operativa è di 40 anni. Tuttavia, grazie all’estensione delle licenze operative di altri 20 anni (in qualche caso di altri 40), questi impianti sono ancora in funzione oggi e lo saranno probabilmente fino al 2030-2050. Di fatto, la maggior parte degli impianti attualmente operativi appartiene a questa generazione.

La terza generazione non differisce così tanto dalla seconda; gli impianti di terza generazione e di terza generazione avanzata sono quelli che vengono costruiti al giorno d’oggi e sostanzialmente rappresentano un perfezionamento rispetto a quelli precedenti. I sistemi di sicurezza sono stati notevolmente potenziati, ma per il resto c’è stato solo un (moderato) incremento dell’efficienza e della potenza, oltre ad un miglior utilizzo del combustibile con conseguente riduzione di scorie. La causa di questo mancato miglioramento si può ricondurre agli incidenti di Chernobyl e Fukushima, che per anni hanno deviato la ricerca nucleare quasi unicamente sul tema della sicurezza.

Al momento in sviluppo ci sono i reattori di quarta generazione, e già qualche primo impianto è stato messo in funzione. La quarta sarà la generazione della svolta da tutti i punti di vista; l’obiettivo infatti è quello di incrementare notevolmente l’efficienza, riciclare le scorie, garantire sicurezza intrinseca, ridurre i tempi di costruzione e ridurre i costi. Sono ovviamente obiettivi ambiziosissimi, ma le sei tecnologie proposte sono molto promettenti e diversi paesi stanno investendo seriamente su di esse. I reattori di quarta generazione sono degli ottimi candidati a risolvere buona parte dei problemi del mondo energetico.

E gli SMR? Gli Small Modular Reactor sono una cosa a parte e possono racchiudere tutte le tecnologie che abbiamo visto finora. La loro peculiarità risiede nel fatto che vengono prodotti in fabbrica ed hanno taglie piccole sia in termini di potenza che soprattutto di dimensioni. Molte aziende guardano ad essi con interesse e per questo arriveranno nell’immediato futuro, con la potenzialità di rivoluzionare completamente la visione del nucleare.

Ne riparleremo tra un bel po’, dalla prossima volta però partiamo dai PWR.

-Fulvio