Episodio 8: Scream if you wanna go faster, baby!

Finalmente questa rubrica ha raggiunto un punto in cui l’argomento che viene trattato smette di essere una visione storica del tema con solo qualche sbirciatina al futuro, e si trasforma invece in qualcosa di molto più orientato verso quest’ultimo.

Nella scorsa puntata [1] abbiamo visto il primo gruppo di reattori di quarta generazione, gli HTGR, ma prima di esaminare i prossimi è innanzitutto necessario fare un’introduzione (per i fan più assidui in realtà è un ripasso) sui reattori veloci, o fast reactor.

Un reattore veloce, in parole povere, è un reattore che impiega materiali nel nocciolo che siano più pesanti (nel senso di massa atomica) e trasparenti ai neutroni possibile, in modo che i neutroni vengano moderati (rallentati) il meno possibile, e pertanto rimangano molto energetici (in gergo si dice “veloci”) [2].

Ma perché? Abbiamo passato un sacco di tempo a parlare di reattori che usavano i più svariati moderatori, come mai questi possono scegliere semplicemente di non farlo?

Facciamo un passo indietro: un reattore, per funzionare, deve essere critico. Perchè la criticità sia mantenuta (o superata), ogni evento di fissione deve produrre un neutrone che causerà esattamente un’altra fissione (o più). Il modo in cui questo avviene dipende dal tipo e dalla quantità di materiale fissile e fissionabile, dalla sua distribuzione nello spazio, dalla presenza di altri materiali che assorbono neutroni e dall’energia dei neutroni stessi (i neutroni moderati interagiscono più facilmente con i nuclei). Le combinazioni di questi parametri sono moltissime, ma necessariamente se un parametro peggiora, almeno uno degli altri dovrà aumentare per compensare.

Ad esempio, un ordigno nucleare è estremamente piccolo, e per questioni di compattezza e di velocità della deflagrazione non può permettersi un moderatore, quindi il suo materiale fissile dovrà essere altamente arricchito e concentrato in forma metallica.

D’altro canto, un CANDU può usare uranio naturale senza arricchimento, ma dovrà usare materiali molto trasparenti ai neutroni (acqua pesante) e il nocciolo sarà molto grosso.

Tornando a noi, un reattore veloce dovrà per forza compensare la minore probabilità di interazione dei neutroni aumentando la loro probabilità di incontrare un nucleo fissile: di solito questo viene realizzato con l’impiego di combustibili avanzati ad alta densità di nuclei pesanti (descritti qui [3]), con un arricchimento più alto rispetto ai reattori termici (di quasi un’ordine di grandezza, attorno al 20%), e racchiusi in barre di combustibile disposte secondo un reticolo esagonale anzichè quadrato, quindi più compatto. In aggiunta, si tende anche a mantenere il nocciolo di piccole dimensioni, per migliorare la controllabilità (in un reattore veloce un nocciolo piccolo è più stabile).

Ok, abbiamo spiegato come fanno ad evitare di usare il moderatore, ma perché mai sbattersi tanto a farlo? Arricchire così tanto del combustibile mica è una passeggiata!

L’uso di neutroni veloci, sebbene sia effettivamente una sfida ingegneristica, permette vantaggi molto significativi, come il breeding.

Un neutrone veloce, sebbene in termini assoluti abbia meno probabilità di provocare reazioni di fissione, ha un rapporto migliore tra probabilità di fissione e probabilità di assorbimento, quindi è più efficiente e comporta meno perdite parassite.

Inoltre, per ogni evento di fissione, vengono rilasciati in media più neutroni, se il neutrone incidente è particolarmente energetico.

Infine, un neutrone veloce ha probabilità significative di fissionare direttamente atomi non fissili, come ad esempio l’U-238 (ma anche Am-241, Pu-238, Pu-240, Cm-242…).

Tutti questi tre fattori comportano quindi una sovrabbondanza di neutroni. Come sfruttarla al meglio?

Con circa 2,5-3 neutroni per fissione, tolto quello che serve per causare la fissione successiva, avremmo ancora un neutrone e mezzo “di troppo” per la fissione.

Bene, la parte di questo eccesso di neutroni che non verrà persa in assorbimenti parassiti o sfuggirà dal core potrà essere assorbita da un nucleo fertile (come U-238, Th-232, Pu-240, ecc) che, dopo qualche decadimento beta, si trasformerà in un atomo fissile (rispettivamente Pu-239, U-233 e Pu-241). In alcuni reattori, detti “autofertilizzanti” almeno un neutrone per fissione va incontro a questo destino, per cui la quantità di materiale fissile nel core può addirittura aumentare anziché diminuire a mano a mano che il reattore funziona.

In altre parole, in questi reattori è possibile fissionare direttamente (o trasformare in combustibile utile) non solo U-238, ma anche le componenti a lunga vita (transuranici) dei rifiuti nucleari di alto livello, che invece in un reattore “lento” (termico) tendono ad accumularsi. In linea di massima, l’unico materiale di scarto per i reattori veloci sono i prodotti di fissione (la cui radiotossicità diventa inferiore a quella del minerale uranifero di partenza in circa 300 anni dall’uscita dal reattore).

Certo, non è tutto così così semplice come l’ho posta, ci sarebbe tutto un discorso da fare sul riprocessamento, ma per il momento è sufficiente menzionare che il combustibile, a meno di casi particolari (MSR) NON può rimanere nel nocciolo finché tutto il materiale fissile e fissionabile viene trasmutato in prodotti di fissione, sia perché vi sono alcune proprietà meccaniche che vengono compromesse molto prima che questo accada, sia perché l’accumulo dei prodotti di fissione (che assorbono neutroni) peggiora l’economia neutronica del reattore.

Pertanto la soluzione più pratica è quella di estrarre il combustibile dopo un ciclo di funzionamento, riprocessarlo e rimetterlo nel reattore. Col tempo, l’effetto netto sarebbe comunque quello di avere solo uranio naturale/impoverito o torio in ingresso e solo prodotti di fissione in uscita.

Ora, visto che questo deve essere un piccolo approfondimento, è il caso di parlare un po’ di come evolve la potenza in un reattore nucleare di questo tipo. I neutroni veloci, essendo molto energetici, viaggiano a velocità di circa 9 milioni di m/s (circa il 3% della velocità della luce nel vuoto) mentre i neutroni termici si muovono a velocità ben più ridotte, “appena” 2200 m/s. Questo implica che la vita dei primi all’interno del reattore sarà parecchio più breve e pertanto, in generale, le transizioni di potenza tenderanno ad essere molto più repentine rispetto ad un reattore termico.

Un altro concetto importante è quello dei “neutroni differiti” [4]. Gli eventi di una fissione rilasciano neutroni, ma non tutti vengono emessi istantaneamente: una piccola frazione viene emessa da alcuni prodotti di fissione con un ritardo che va dalle frazioni di secondo a quasi un minuto. Se questa piccola (<1%) frazione di neutroni non esistesse, non sarebbe possibile produrre energia termonucleare senza rischiare una deflagrazione atomica, in quanto i tempi di risposta di un reattore sarebbero troppo veloci anche per le apparecchiature elettroniche più rapide e sofisticate.

Fortunatamente i neutroni differiti esistono, ma la loro frazione non è uguale per tutti gli isotopi che possono andare incontro a fissione.

Nello specifico, l’U-235 ha il valore più alto, intorno allo 0.65%, mentre il Pu-239 (e quasi tutti gli altri isotopi fissili e fissionabili) si attestano su valori dello 0.21%, meno di un terzo! Questo vuol dire che, nei reattori che fissionano questi nuclidi, tutti i meccanismi di retroazione dovranno agire più rapidamente.

Spesso avrete sentito parlare di “coefficiente di reattività”, da noi o altrove. Ce ne sono di tanti tipi (quello di vuoto è il più famoso, ma c’è anche il coefficiente di espansione del combustibile, della griglia, del moderatore, del termovettore, il coefficiente Doppler del combustibile, degli altri materiali del nocciolo, ecc…) e in generale descrivono la risposta del reattore in seguito ad una variazione di un certo parametro: se un coefficiente è negativo significa che la potenza tenderà a scendere, mentre se è positivo tenderà a salire.

I reattori veloci, che per definizione non hanno moderatore, sono sprovvisti del coefficiente di reattività termico e di vuoto del moderatore, che nei reattori ad acqua sono molto negativi e sono una delle qualità che li rende così facili da far funzionare in sicurezza.

Pur non essendo moderatori, tuttavia, i fluidi termovettori dei reattori veloci hanno comunque dei coefficienti di temperatura e di vuoto, che, in base al design, possono essere positivi o negativi.

Inoltre l’alta concentrazione di nuclei fissili potrebbe rendere meno negativo il coefficiente di reattività legato all’effetto Doppler [5], che tende ad abbassare la potenza se il combustibile si scalda e dipende invece dalla concentrazione di nuclei fertili (che “competono” con quelli fissili per lo spazio nel combustibile).

Il tutto porterebbe a pensare che questi reattori siano particolarmente difficili da manovrare e governare, perché alcuni dei fenomeni fisici che rendono i reattori ad acqua così semplici da operare sono assenti, o comunque molto ridotti: in realtà è dimostrato sin dagli albori dell’energia atomica che progettando in maniera intelligente il reattore, si possono comunque gestire le operazioni senza problemi di sicurezza (vedasi EBR-II).

È infine necessario fare chiarezza su un concetto: spesso si parla di FBR, ovvero Fast Breeder Reactor. Siete sicuramente familiari con il concetto di breeding/autofertilizzazione che ho spiegato prima (approfondimenti in [6]), ma probabilmente non saprete che… non tutti i reattori veloci sono per forza breeder!

Si possono infatti dividere i vari reattori nucleari in tre gruppi: Burner, Converter, e Breeder.

Questi sono distinti semplicemente dalla differenza tra l’inventario fissile (che sia U-235 o Pu-239) prima che il combustibile sia irraggiato, e dopo l’irraggiamento: il primo gruppo è costituito dai reattori in cui la quantità di fissile diminuisce, il secondo da quelli in cui resta più o meno uguale (a spesa del materiale fertile), mentre il terzo da quelli che addirittura la aumentano. Un reattore veloce può essere di tutti e tre questi tipi, e attenzione: il tipo “breeder” non è necessariamente il migliore.

Una produzione aggiuntiva di materiale fissile potrebbe essere problematica dal punto di vista della proliferazione (o superflua in assenza di riprocessamento), mentre certi reattori burner ingegnerizzati apposta per consumare specificatamente transuranici difficili da gestire (Np-237, Am-241, isotopi del Cm, ecc.) sarebbero comunque eccellenti in un’ottica del riciclo del combustibile, oltre ad essere proliferation-resistant.

Concludiamo con due parole sugli effetti dei neutroni sui materiali strutturali.

In un reattore veloce l’irraggiamento neutronico è particolarmente aggressivo e provoca fenomeni spesso anche bizzarri nei metalli del reattore: senza entrare nel dettaglio, i materiali possono gonfiarsi, allungarsi solo in una dimensione, indurirsi ma diventare meno elastici, peggiorare i fenomeni di corrosione e creep, e altre amenità che non è il caso di approfondire in un articolo divulgativo come questo. Vi basti pensare che al momento probabilmente il 90% dei problemi tecnici legati allo sviluppo dei reattori veloci avanzati sono legati al comportamento dei materiali sotto irraggiamento e/o in presenza di termovettori particolari.

E su questa nota ci fermiamo, in quanto sarà nei prossimi post che parleremo proprio di questi termovettori. Vi anticipo che i prossimi due articoli saranno molto… metal.

Alla prossima!

-Leonardo, con la revisione di Fabio ed Enrico

[1] Episodio 7-2: Beyond water

[3] Il combustibile – parte 2: Meglio di UO2?

[4] https://www.nuclear-power.com/…/fission/delayed-neutrons/

[6] https://whatisnuclear.com/recycling.html