Il combustibile – parte 2: Meglio di UO2?

Come visto nella parte precedente, il diossido di uranio è il combustibile più diffuso (e un ottimo combustibile), ma saremmo felici se alcune sue proprietà – in particolare la densità di uranio e la conducibilità termica – fossero più alte.

Esistono diversi materiali contenenti uranio che superano UO2 in questi ambiti – anche se, non essendo ossidi, serve qualche cautela per poterli usare in reattori ad acqua.

Il profilo di questi materiali si adatta molto bene ai reattori veloci, raffreddati a metallo liquido o a gas: lo spettro neutronico più duro, la temperatura media più alta e l’assenza di acqua in questi reattori sfruttano al massimo i loro vantaggi (densità di uranio e conducibilità termica superiori, rispettivamente) e rimuovono lo svantaggio più significativo (reattività chimica con l’acqua).

Data la notevole somiglianza chimica tra uranio e plutonio questi sono reciprocamente miscibili in molti dei materiali riportati qui sotto, permettendo di ottenere combustibili analoghi al MOX (soluzione solida dei biossidi di uranio e plutonio). Come nel caso del MOX, l’aggiunta di plutonio peggiora leggermente le proprietà termomeccaniche, ma aumenta notevolmente la flessibilità d’impiego del combustibile, in particolare nei reattori veloci.

Nitruro di uranio (UN)

Densità di uranio: 13.5 g/cm3

Conducibilità termica a 1000 K: 17 W/m·K

Punto di fusione: 2953 K – tende a decomporsi in uranio metallico e azoto gassoso

La conducibilità termica e la densità di uranio sono molto più alte rispetto a UO2, ma – come già menzionato – è anche più chimicamente reattivo in caso di contatto con l’acqua. Inoltre, l’azoto naturale non è idoneo alla preparazione di combustibili, a causa della tendenza dell’azoto 14 (circa il 99.6% dell’azoto naturale) ad assorbire un neutrone e diventare carbonio 14, rilasciando un protone. Una reazione nucleare, tre svantaggi: si assorbe un neutrone, peggiorando l’economia neutronica del reattore; si produce carbonio 14, che è radioattivo e complica un eventuale riprocessamento del combustibile; si produce un protone, che da qualche parte troverà un elettrone, diventerà idrogeno ed andrà ad aumentare la pressione nell’incamiciatura (altro parametro da tenere sott’occhio, come abbiamo visto nella parte relativa alla conducibilità termica). Fortunatamente esiste in natura l’azoto 15, che non dà nessuno di questi problemi e può essere separato dall’azoto 14 per distillazione di ammoniaca. Ottenere l’azoto 15 è tutt’altro che economico, ma le piccole quantità richieste rispetto alla quantità di energia che può essere prodotta ne giustificano l’impiego.

Come accennato sopra, i nitruri sono ideali per reattori veloci con refrigeranti metallici. L’uso nei reattori veloci implica in genere anche la presenza di un impianto di riprocessamento, da cui la possibilità di recuperare il prezioso azoto 15 dal combustibile esausto.

Il nitruro di uranio (o il nitruro misto di uranio e plutonio) è tra i possibili combustibili per i reattori veloci russi della serie BN e un potenziale combustibile per reattori ad acqua leggera, se usato con incamiciature in carburo di silicio.

Diboruro di uranio (UB2)

Densità di uranio: 11.7 g/cm3

Conducibilità termica a 1000 K: 24 W/m·K

Punto di fusione: 2713 K

So cosa potreste pensare: il boro ferma le reazioni di fissione, chi mai lo metterebbe in un combustibile? In realtà ad assorbire neutroni è il boro 10, che costituisce il 20% circa del boro presente in natura. Il restante 80% è boro 11, praticamente trasparente ai neutroni. Da tempo l’industria nucleare separa il boro 10 per aumentare l’efficienza dei propri assorbitori, quindi dovrebbero esserci notevoli riserve di boro 11 che giacciono sottoutilizzate da qualche parte (ogni tanto il boro 11 viene usato per produrre semiconduttori resistenti alle radiazioni di neutroni).

È chimicamente più resistente all’ossidazione del nitruro, ma non quanto l’ossido; la sua maggiore resistenza va ricercata nella formazione di uno strato protettivo di ossido borico (B2O3) sulla superficie, che rallenta la reazione limitando il contatto tra il fluido ossidante (acqua, aria, vapore) e il materiale intatto sottostante.

Oltre a essere di per sé un combustibile, particelle di UB2 possono anche essere utilizzate come additivi per il diossido di uranio, sia per migliorarne la conducibilità termica che per introdurre boro 10 (stavolta sì) in piccole quantità, per smorzare la reattività iniziale del combustibile fresco. Anche qui c’è da fare attenzione alla pressurizzazione delle incamiciature: il boro 10 assorbe i neutroni frammentandosi in un nucleo di litio 7 e in una particella alfa che, rimediati due elettroni, diventa un atomo di elio gassoso e va ad aumentare la pressione nel volume interno delle incamiciature. Questo problema viene affrontato aumentando il volume interno, in genere usando pasticche di combustibile a forma di anello anziché di cilindro pieno.

Siliciuro di uranio (U3Si2)

Densità di uranio: 11.3 g/cm3

Conducibilità termica a 1000 K: 22 W/m·K

Punto di fusione: 1938 K

Il siliciuro di uranio ha un’alta densità di uranio e un’alta conducibilità termica, non richiede nessuna separazione isotopica e vanta un’ottima stabilità all’irraggiamento, per certi versi superiore a quella di UO2. Tuttavia la sua stabilità chimica a contatto con l’acqua lascia molto a desiderare, anche perché a differenza del boruro non riesce a formare uno strato protettivo di ossido di silicio.

Il siliciuro viene usato attualmente come combustibile in alcuni reattori di ricerca, in genere sotto forma di polveri disperse in piastre di alluminio. Come per il nitruro, l’impiego in reattori di potenza ad acqua è previsto con incamiciature a base di carburo di silicio.

Uranio metallico (U) e leghe derivate

Dati riferiti all’uranio puro:

Densità di uranio: 19.1 g/cm3

Conducibilità termica a 1000 K: 40 W/m·K

Punto di fusione: 1405 K

L’uranio puro, in forma metallica, ha una densità di uranio e una conducibilità termica nettamente superiori rispetto ai composti ceramici visti finora. Purtroppo la sua resistenza all’ossidazione è estremamente ridotta e il punto di fusione è basso (per quanto l’elevata conducibilità termica riduca l’importanza di questo requisito).

L’uranio metallico viene così addizionato di zirconio, molibdeno, niobio, alluminio o altri metalli per ottenere leghe più altofondenti e resistenti all’ossidazione, ma a spese della densità di uranio e della conducibilità termica: le leghe finali hanno in genere valori intorno a 15 g/cm3 e 30-35 W/m·K, rispettivamente.

L’altro neo dei combustibili metallici è dato proprio dall’alta densità di uranio: se gli atomi di uranio sono molto vicini tra loro, ci sarà molto meno spazio per i prodotti di fissione e trasmutazione. Nelle loro prime iterazioni, i combustibili metallici tendevano a deformarsi e a sviluppare bolle e cavità piene di prodotti di fissione gassosi. Anche questo fenomeno viene mitigato nelle leghe rispetto al metallo puro, grazie al miglioramento delle proprietà meccaniche e all’allargamento del reticolo cristallino.

I combustibili metallici sono spesso lavorati in piastre anziché in pasticche, sfruttando la maggiore duttilità dei metalli rispetto ai ceramici, dato che le piastre offrono un migliore scambio termico ma sono più fragili.

I combustibili metallici trovano applicazione (corrente o potenziale) in reattori di ricerca, reattori navali e alcuni prototipi di reattori veloci. Tuttavia la ridotta resistenza all’ossidazione dell’uranio metallico (che si traduce in piroforicità per polveri finemente suddivise) complica la produzione di questi combustibili su grande scala.

I combustibili visti fino ad ora sono comunque pensati per configurazioni del nocciolo classiche, con barre di combustibile solido inserite verticalmente o orizzontalmente. Esistono però anche configurazioni più esotiche, che sfruttano leghe diverse.

Carburo di uranio (UC)

Densità di uranio: 13.0 g/cm3

Conducibilità termica a 1000 K: 19 W/m·K

Punto di fusione: 2780 K

Il carburo di uranio è molto reattivo a contatto con l’acqua e con l’aria, ma non necessita di separazione isotopica. Può essere usato in pasticche in reattori veloci, sia in forma pura, che formando una soluzione solida con il carburo di plutonio, di formula generale U(1-x)PuxC (con x compreso tra 0 e 1).

L’impiego più interessante del carburo di uranio, tuttavia, non è in pasticche. Esiste una categoria di combustibili nucleari in cui granuli sferici di combustibile (kernels), di diametro inferiore a 1 mm, sono rivestiti in più strati protettivi e inseriti in una matrice di grafite. La matrice è a sua volta modellata in sfere (Pebble Bed Reactors, raffreddati a elio) o in blocchi prismatici (Prismatic High Temperature Reactors, raffreddati a elio o a sali fusi). Questi combustibili, che permettono il funzionamento del reattore a temperature elevate (750-950 °C, permettendo di fornire direttamente calore a diversi processi industriali per una decarbonizzazione profonda), sono detti BISO, TRISO o QUADRISO a seconda di quanti tipi di strati protettivi avvolgono i kernels: due, tre o quattro, dove la prima parte del nome indica il numero di rivestimenti e la seconda sta per “isotropic”, a indicare l’orientamento casuale dei piani cristallini dei rivestimenti.

Nel BISO i kernels sono rivestiti di uno strato di carbonio poroso più interno e di un altro strato di carbonio più denso, esterno; lo strato più interno trattiene parte dei prodotti di fissione ed è progettato per deformarsi assecondando l’espansione del kernel (dovuta alla dilatazione termica e all’irraggiamento), mentre quello più esterno agisce da barriera impermeabile per i prodotti di fissione.

Nel TRISO, sua evoluzione ancora più resistente, lo strato più esterno di carbonio denso è diviso in due strati inframezzati da un’ulteriore barriera di carburo di silicio.

Nel QUADRISO, infine, tra il kernel e lo strato più interno di carbonio poroso viene posto uno strato di ossido di europio o gadolinio per assorbire neutroni e smorzare la reattività nucleare iniziale di kernel con uranio a valori di arricchimento elevati (utile per prolungarne la vita utile nel nocciolo).

Dove entra in gioco il carburo di uranio? il biossido di uranio può reagire ad alta temperatura con il carbonio e con il carburo di silicio, causando il cedimento del kernel; il carburo di uranio, d’altro canto, è molto più stabile a contatto con i rivestimenti. Il materiale più promettente per la realizzazione dei kernels non è in realtà UC puro, ma una miscela di UC(1-x)Ox (soluzione solida di ossido e carburo di uranio, in cui alcuni atomi di ossigeno sostituiscono quelli di carbonio nella struttura cristallina di UC), dicarburo di uranio (UC2) e biossido di uranio. Questa classe di miscele, dette ossicarburi, sono compatibili con il carbonio e il carburo di silicio e hanno densità di uranio e conducibilità termica leggermente superiori a quelle dell’ossido, pur mantenendone l’ottima stabilità all’irraggiamento.

Miscele fuse di sali di attinidi e altri elementi

Densità di metalli fissili o fissionabili: 2.4 g/cm3 (fluoruri fusi); 1.6 g/cm3 (cloruri fusi)*

Conducibilità termica a 1000 K: 0.5-1.0 W/m·K**

Punto di fusione (dipendente dalla composizione): circa 800 K (fluoruri); circa 650 K (cloruri)

Punto di ebollizione (dipendente dalla composizione): circa 2000 K (fluoruri); circa 1700 K (cloruri)

Uranio, torio e altri attinidi formano fluoruri e cloruri con punti di fusione relativamente bassi e suscettibili di essere ulteriormente abbassati miscelandoli ad altri alogenuri (ad esempio fluoruri o cloruri di litio, berillio, sodio, magnesio o zirconio). Queste miscele possono fungere da combustibili liquidi per reattori appositi.

La densità di uranio e la conducibilità termica di queste miscele liquide non sembrano impressionanti rispetto a quelle dei materiali visti finora: perché sono così interessanti? Sono innanzitutto proprietà che vanno contestualizzate: nei reattori convenzionali il combustibile occupa circa un terzo del volume del nocciolo, mentre il resto è dedicato a incamiciature e refrigerante. In un reattore veloce a sali fusi, il cui volume del nocciolo è interamente dedicato al combustibile, la densità di materiale fissile complessiva è ancora inferiore rispetto alle controparti ceramiche, ma più alta di quanto si potrebbe pensare guardando solo alle densità dei materiali combustibili; quanto alla conducibilità termica meno che sbalorditiva, quella è una proprietà rilevante quando la conduzione è l’unico modo di smaltire il calore: quando il combustibile è un fluido circolante, la trasmissione di calore per convezione è estremamente più efficace.

Molti prodotti di fissione o trasmutazione formano fluoruri o cloruri stabili, quindi la massa di sale fuso è una matrice in grado di accoglierli; i prodotti di fissione volatili (xenon, kripton, iodio) tendono a sfuggire al liquido. Questo è benefico in termini di economia neutronica, in quanto alcuni di questi nuclidi sono potenti assorbitori di neutroni, ma pone il problema di dover stoccare i gas radioattivi e attendere che decadano.

Perché scegliere (o meno) i fluoruri rispetto ai cloruri? Hanno un elevato punto di ebollizione (che contribuisce ad aumentare il limite superiore di temperatura di esercizio del reattore), c’è una grande esperienza operativa con fluoruri fusi, trasferibile dall’industria dell’alluminio (processo Hall-Héroult e processo Hoopes), la chimica dei fluoruri si presta al rifornimento continuo del reattore (con la contestuale rimozione dei prodotti di fissione non volatili) e il fluoro ha buone proprietà neutroniche (l’unico isotopo esistente in natura assorbe pochi neutroni ed è un blando moderatore). Sull’altro piatto della bilancia, il fluoro è chimicamente aggressivo e richiede materiali particolari per resistere alla combinazione di attacco chimico, temperature elevatissime e danni da irraggiamento.

D’altro canto, per quanto riguarda i cloruri fusi, la ridotta moderazione rispetto al fluoro li rende più idonei per reattori veloci in grado di bruciare efficientemente plutonio e attinidi minori. Il cloro, tuttavia, deve essere separato isotopicamente per essere utilizzato (il cloro 37 costituisce il 25% del cloro naturale e assorbe molti meno neutroni del cloro 35, che costituisce il resto) e la ridotta densità di materiale fissionabile richiede reattori di dimensioni maggiori per mantenere la criticità.

E con questo si conclude la nostra panoramica sui combustibili nucleari. Ci servirà dalla settimana prossima per analizzare i nuovi design dei reattori a gas e poi quelli di quarta generazione.

-Fabio Martini

Foto: pasticche di diboruro di uranio, produzione propria.