#36.2 È VERO CHE L’ENERGIA NUCLEARE È COSTOSISSIMA?

Nuclear Economy – parte 2 di 2.

Concludiamo con questo articolo il debunking dell’obiezione “il nucleare è troppo costoso”. La volta scorsa ci siamo concentrati sulla natura dei costi dell’energia nucleare, e abbiamo visto che:

  • La componente maggioritaria del costo dell’energia sono gli interessi sui prestiti per la costruzione del reattore.
  • Questi ultimi hanno tassi alti per ragioni politiche: il nucleare è impopolare e quindi viene giudicato un investimento a rischio perché una vittoria elettorale di un partito contrario a questa tecnologia potrebbe causare lo shutdown anticipato di un programma nucleare (come è accaduto d’altronde in Italia).
  • Il prezzo dell’energia è anelastico rispetto a quello del combustibile.

Il verdetto è che ovviamente il nucleare sarebbe molto più conveniente economicamente se ci fosse convergenza politica sul suo utilizzo, se lo stato decidesse di sussidiare l’utilizzo di questa tecnologia con prestiti a tasso zero e se non ci fosse l’attuale forte opposizione popolare.

Ma anche alle condizioni attuali, il nucleare è davvero così sconveniente?

Non proprio. Un reattore nucleare ha tempi di costruzione lunghi (minimo 5 anni, con l’aggiunta che in Europa spesso le proteste popolari allungano i tempi di costruzione delle grandi opere, vedi alla voce TAV), e richiede investimenti iniziali massicci (almeno 5 miliardi di euro), ma ha un vantaggio rispetto ad una centrale a carbone o a gas: il costo del combustibile è praticamente nullo. Un kg di Uranio può infatti arrivare a costare centinaia di volte di più di un kg di Carbone o Gas naturale, ma produce una quantità di energia decine di migliaia di volte superiore.

Questo implica che i costi vivi di una centrale nucleare operativa siano nettamente inferiori a quelli di una centrale a combustibili fossili (come si può vedere anche dall’immagine 1). Dunque il break-even point di una centrale nucleare è molto più distante nel tempo (solitamente tra i 15 e i 20 anni dall’inizio della costruzione), ma una volta recuperato l’investimento iniziale una centrale nucleare è estremamente vantaggiosa – soprattutto se si tengono in dovuto conto i costi passivi delle centrali a combustibili fossili dovuti alle emissioni inquinanti e climalteranti.

Una spiegazione semplificata viene fatta in questo video:

In particolare, una volta che le rate del prestito sono state tutte restituite (solitamente dopo 20-30 anni dall’inizio della vita operativa) il basso costo del combustibile spinge la convenienza economica di una centrale nucleare molto in alto, soprattutto se si considera che oggi le licenze di operatività dei reattori partono da una durata minima di 60 anni e alcune licenze inizialmente di 40-50 anni sono state estese fino ad 80.

Dunque il problema è, ancora una volta, prettamente politico: il nucleare prevede investimenti maggiori e tempi di ammortamento più lunghi, ma alla lunga conviene.

I combustibili fossili invece restano la scelta migliore sul breve termine, dal momento che hanno costi iniziali inferiori e tempi di costruzione più brevi, e dunque un break-even point molto più vicino nel tempo.

Il confronto tra nucleare è rinnovabili da un punto di vista economico è più difficile da fare, perché in borsa elettrica è raro che vi sia competizione: l’energia rinnovabile non è sempre disponibile, e quando c’è viene sempre immessa nella rete per prima, a prezzi molto bassi. Questi prezzi bassi però sono drogati dal fatto che l’industria delle rinnovabili riceve quantitativi enormi di sussidi statali, e dunque dal fatto che il costo del kWh da rinnovabili viene pagato solo in parte dal consumatore, e in parte dai contribuenti.

In Italia, in particolare, il costo dei sussidi alle rinnovabili è inserito tra gli oneri di sistema della bolletta elettrica, alla voce A3: in pratica con le rinnovabili si ha un costo del kWh inferiore al prezzo di un aumento dei costi fissi.

Un’ulteriore prova del fatto che il nucleare non è economicamente sconveniente come si ritiene di solito la si può avere molto banalmente guardando ai dati OCSE (Immagine 2): il prezzo medio dell’energia nucleare passa dall’essere il più conveniente all’essere il meno conveniente unicamente in base ai tassi di interesse.

Non si tratta dunque di una tecnologia intrinsecamente costosa, bensì di una tecnologia resa costosa dalla paura politica che spinge verso l’alto i parametri economici.

Investimenti mirati e intelligenti, con visione di lungo termine, potrebbero quindi rendere il nucleare non solo la chiave della decarbonizzazione del settore energetico, ma anche una scelta conveniente in chiave economica, che porterebbe ad un abbassamento finale della bolletta elettrica per tutti.

-Luca